giovedì

ANNOZERO 11 GIUGNO 2009 - DE MAGISTRIS DENUNCIA LA REALIZZAZIONE DEL PIANO DI RINASCITA DEMOCRATICA




Se tutti quelli che sanno avessero lo stesso coraggio di dire la verità il sistema crollerebbe.

SCOPERTO IL VERO PROBLEMA DELL’ITALIA: SI STANNO ESAURENDO I NEURONI ATTIVI! - La Repubblica è fondata sul rincoglionimento

Di Antonella Randazzo



Forse qualcuno ci ha creduto: qualche donna ha creduto che il suo ruolo sarebbe quello di sculettare per attizzare qualcuno, e avrebbe anche il dovere di rifarsi tette e labbra, per avere una platea più vasta; forse qualcun altro ha creduto che i problemi dell’Italia si possono riassumere nei seguenti quesiti sollecitati dai mass media:
- se Berlusconi è pedofilo;
- se Franceschini additerà abbastanza le depravazioni del capo di governo;
- se i prelati avranno il coraggio di fare la morale a Berlusconi;
- se Veronica amava veramente il marito;
- se ci saranno altre foto dei festini-bordello del mafioso meneghino;
- se i giornali internazionali ce l’hanno con Berlusconi;
- se i nostri bravi ragazzi riusciranno a portare la “democrazia” anche in Afghanistan, paese di ingrati che si rivoltano contro i loro benefattori;
- se Obama flirterà ancora con gli arabi, promettendo pace ma facendo prosperare l’industria degli armamenti.

Forse in molti ci hanno creduto: sembrerebbe che la gente comune sia sempre meno capace di capire gli intrallazzi del potere.
Sta di fatto che l’Italia, da paese dell’Arte e della Cultura, è diventato oggi il paese dell’ignoranza e del rincoglionimento.
E si capisce che non si tratta di opinioni, stando alle statistiche.
Secondo i dati dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), il 65% della popolazione italiana non avrebbe strumenti per interagire efficacemente nella società dell’informazione.
Secondo i dati del 2005 pubblicati dall'UNLA (Unione Nazionale per la Lotta contro l'Analfabetismo), quasi sei milioni di italiani sarebbero totalmente analfabeti. Corrispondono al 12% della popolazione. Soltanto il Portogallo e il Messico hanno una percentuale di analfabeti più elevata.
Inoltre, il 36,52% dagli italiani avrebbe fatto soltanto la scuola dell’obbligo (o soltanto le prime classi elementari).
Si parla di due tipi di analfabetismo. C’è l’analfabetismo (o semi-analfabetismo) che si riferisce all’incapacità di utilizzare correttamente la scrittura e il calcolo nella vita di tutti i giorni, e c’è l’analfabeta assoluto, ovvero colui che non sa leggere e non sa scrivere, non avendolo mai imparato o avendolo dimenticato del tutto.

Se agli analfabeti o semi-analfabeti aggiungiamo coloro che non leggono nemmeno un libro all’anno raggiungiamo una percentuale del 60% secondo i dati dell’Istat. Soltanto il 20% delle famiglie italiane legge libri regolarmente, mentre ben l’80% degli italiani, secondo i dati della Banca Mondiale, si informa esclusivamente tramite la televisione.

E’ un dato a dir poco preoccupante. Certo non si pretende che tutte le persone siano in grado di scrivere un libro o di fare l’esegesi di un testo antico, ma si tratta di avere la capacità di farsi un’idea su un testo scritto o di produrre un proprio pensiero critico autonomo.

Il regresso culturale degli italiani sarebbe iniziato diversi decenni fa, rafforzato dalle Tv commerciali, che proponevano di trascorrere ore a guardare giochi a quiz demenziali, donne seminude o persone che litigavano o parlavano un linguaggio non proprio erudito.

Alle nostre autorità interessa tutto ciò? C’è qualcuno che propone qualcosa per stimolare le capacità cognitive delle persone?
No, anzi, al disinteresse si aggiungono altri tentativi di rincoglionimento dei media, specie della Tv. L’ignoranza viene alimentata dal sistema, e non combattuta.
Perché è nell’ignoranza che si sviluppa l’accondiscendenza al padrone. E’ nell’ignoranza che si accetta il compromesso sui propri diritti. E’ nell’ignoranza che ci si rotola nel sollazzo per non pensare ai problemi.
E’ nell’ignoranza che si accetta che prevalga il più furbo. E’ nell’ignoranza che si accetta la prevaricazione del raccomandato.

Che significato ha oggi la parola “cultura” in Italia? Nell’epoca del Grande Fratello e dell’opinionismo?
Ormai sembra che tutto sia opinione, persino i morti in Iraq per alcuni sono opinione.
Il concetto di “cultura” è molto difficile da spiegare o chiarire.
E’ vero che a volte il livello culturale di una persona non può essere misurato sulla base del titolo di studio o del numero di libri letti. La “cultura” non è soltanto leggere libri, la cultura è crescere, pensare, fare esperienza, cambiare.

Ma è anche vero che non leggere e non fare nessuna attività culturale, trascorrendo ore davanti alla Tv, può atrofizzare potenzialità artistiche o cognitive.
La funzione principale della cultura propriamente detta sarebbe quella di arricchire interiormente la persona, facendo in modo che diventi capace di esprimere liberamente il suo personale "sentire" attraverso parole, immagini o altro. In altre parole, parlare di cultura equivale a parlare delle potenzialità umane che presiedono ai cambiamenti, alla crescita come individui e al progresso civile e sociale.
Si tratta di un ambito fondamentale per proteggere la libertà degli individui. Infatti, senza autonomia di pensiero e senza possibilità di crescita interiore gli esseri umani non potrebbero essere distinti dagli altri animali, che sono sprovvisti di potenzialità astratte o “formali” e dunque rimangono legati agli istinti o alle esigenze della vita materiale.
L'ignoranza può essere intesa come incapacità di "coltivare" se stessi, "nutrendo" il proprio cervello e la propria sensibilità con stimoli positivi, che possono essere buoni libri, opere d'arte o esperienze sociali costruttive.

L’ignoranza produce effetti concreti, e forse non sarà difficile trovarli.
Quanta ignoranza ci vuole per credere che un personaggio arricchito grazie ad intrallazzi di vario genere possa avere a cuore lo sviluppo del paese?
Quanta ignoranza ci deve essere per credere che uno che per diversi anni ha prodotto programmi spazzatura per rimbecillire le persone poi rispetti l’opinione pubblica?
Quanta ignoranza ci deve essere per credere che autorità che stanno dalla parte di chi uccide persone inermi siano capaci di agire per il bene collettivo?
Quanta ignoranza serve per credere che personaggi come Facci, Bondi o Belpietro non siano a servizio della menzogna e della corruzione?

Ignoranza significa assenza di libero pensiero, significa diventare fantocci di chi è in grado di pensare e agire. Significa accettare che dall’esterno, facendo leva sulle emozioni, qualcuno crei la nostra opinione sulle cose, sulle persone e sugli eventi.
L’ignorante accetta l’arroganza del potente, convinto che il mondo debba essere suddiviso in inferiori e superiori. Un delinquente gli potrà sembrare un Re.
Chi è ignorante non può essere cittadino, ma soltanto suddito. E questo suddito troverà il proprio sovrano anche senza vivere in una monarchia. Il suo Re è chi si erge a potente, chi proprio dalla sua ignoranza trae potere. E di questo Re, l’ignorante vorrà diventare cortigiano, accettando ogni infamia che egli possa commettere. Convinto di non valere nulla, troverà nell’accondiscendenza al potere il suo valore.
Gli si dia moneta, e l’ignorante si rotolerà beato a corte, fra valletti, giullari, buffoni e concubine.
Già nel 1840, il filosofo Alexis De Tocqueville scriveva:
"Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civiltà e dell'abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare. Preoccupati solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti. In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri... Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronirsi del potere in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso. Basterà che si preoccupi per un po' di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto. Che garantisca l'ordine anzitutto! Una nazione che chieda al suo governo il solo mantenimento dell'ordine è già schiava in fondo al cuore, schiava del suo benessere e da un momento all'altro può presentarsi l'uomo destinato ad asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei propri affari privati i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere. Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, che agiscono in mezzo all'universale immobilità disponendo a capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo".(1)



Gli ignoranti di sicuro direbbero che non avrebbero mai votato Hitler nella Germania del 1932, ma votano personaggi che avallano guerre sanguinose, che rimandano nei lager libici persone innocenti, e che fanno morire annegati centinaia di immigrati.

Il problema è che la testa ignorante di solito non rimane vuota, come si potrebbe pensare. No. Sarà riempita di “spazzatura mentale”, ovvero di contenuti che renderanno la persona soggetta alla manipolazione emotiva e al far proprie idee notevolmente involute, che fomenteranno razzismo, sessismo, sottomissione acritica all’autorità e inclinazione a sprecare la propria esistenza praticando attività di scarsa qualità, come guardare programmi spazzatura.
Non essendo in grado di creare una propria personale realtà, utilizzando la propria testa, si rimane in balìa di tutto il sudiciume di regime.

Lo scrittore e terapeuta Brad Blanton utilizza il termine “spazzatura mentale”, ad indicare una serie di falsità che la mente incamera come vere. Secondo questo studioso le persone possono essere indotte a non valutare più la propria esperienza personale, dando spazio a contenuti astratti legati ad esperienza passate o a ciò che nella realtà convenzionalmente si ritiene vero. Le interpretazioni della realtà possono diventare spazzatura, se dettate da contenuti non verificati o propagandistici.

Uscire dalla spazzatura/prigione mentale non è facile. Osserva Blandon:
“Alcuni di noi riescono a uscire dalla prigione di menzogne costruita dalla nostra mente. La maggior parte di noi, in quella prigione, ci muore. Tutti abbiamo la magnifica possibilità di andare al di là delle sbarre della nostra mente, e di farlo ancora e ancora. Il primo passo in questo processo consiste nel mettere in dubbio la nostra mente… Sfortunatamente la nostra mente non è attrezzata per l’evacuazione periodica degli escrementi come il corpo. A questo dobbiamo provvedere noi, con uno sforzo volontario”.(2)

I media (soprattutto Tv e cinema) stimolano in vari modi l'istinto violento e sessuale. Assistere continuamente a produzioni di scarsa qualità, basate sulla violenza o pregne di messaggi pubblicitari può significare incamerare parecchia spazzatura mentale.
La pubblicità rappresenta una fonte di notevole produzione di spazzatura mentale, essa ha lo scopo di appiattire l'esistenza, attraverso "forme di inquinamento mentale che degradano le nostre menti. Riconosciamo più facilmente il logo di una marca che una specie di fiori, ascoltiamo più slogan che poesie".(3)

Il messaggio pubblicitario ha anche lo scopo di indurre ad agire nel modo favorevole al consumo e al sistema economico attuale. La pubblicità mostra una falsa realtà e induce a crederla vera, crea falsi significati e falsi bisogni.
La mente assorbe la menzogna come parte della realtà, e nel tempo può mettere a tacere ogni autonoma capacità critica e riflessiva.
Secondo il docente universitario Giuseppe Mininni i mass media hanno alcune caratteristiche che producono dipendenza ed esercitano un pesante potere sugli individui. Ad esempio, i media semplificano e banalizzano tutto, ma non per rendere più comprensibile la realtà, ma per dare un senso di semplicità e di intelligibilità che conferisce l’impressione di essere informati. In realtà, come molti sanno, c’è il trionfo della disinformazione. Più si è inclini ad usare la propria testa e più si è capaci di smascherare la disinformazione e di capire quali potrebbero essere i contenuti che si cerca di occultare.

Un altro modo per introdurre spazzatura nella nostra mente è attraverso la creazione di paura e insicurezza. Questi stati emotivi producono stress, e dunque risucchiano energie che gli individui potrebbero utilizzare per creare realtà più costruttive.
Il sistema attuale offre anche forti aspetti di ambiguità, che possono produrre ansia inducendo ad essere più rigidi nei ruoli esistenziali che assumiamo. Si può giungere a ritenere alcuni aspetti della realtà come se fossero immodificabili, mentre invece occorrerebbe utilizzare la propria esperienza per scartare, sottoporre a revisione oppure analizzare senza dare per scontato nulla. Ovviamente, è più facile accettare ciò che il sistema propina come vero che revisionarlo e valutarlo personalmente. Chi oggi domina sa che sottrarre responsabilità agli individui dà loro l’illusione di libertà. Ma senza l’assunzione personale della responsabilità non potrà esistere alcuna libertà.

Per non assumersi responsabilità, molte persone entrano nel regno della finzione o nell’irrealtà, assumendo come veri contenuti discutibili, senza accorgersi che ciò è contro il loro interesse e la loro crescita. La spazzatura mentale impedisce all’esistenza di esprimersi come potrebbe, e di emergere nella sua verità essenziale, donando maggiori energie creative.
Se l’individuo perdura all’interno della rappresentazione alterata della realtà, può alimentare una sicurezza fanatica circa i contenuti che la sua mente ha incamerato, diventando emotivamente reattivo a tutto ciò che li confuterebbe.
Ciò dipende dal fatto che il luogo in cui si deposita la fiducia non è il vero sé dell’individuo, ma l’ego nei suoi aspetti superficiali.

Per pulire la mente dalla spazzatura occorre attivare un “processo di demitizzazione", ovvero smantellare le false realtà che provengono dalla cultura comune creata dal sistema. Le illusioni conferite da queste pseudo-realtà possono essere diventate come una droga, donando un falso senso di sicurezza e di protezione, e permettendoci di sviare le responsabilità. Come spiega Blandon: “L’alternativa, la libertà, è spesso troppo terribile perché la mente poi la possa tollerare. Per questo ci si nasconde dalla libertà sotto un cumulo di balle”.(4)
Chi non coltiva la propria mente può non avere nemmeno l’idea di dover “smantellare le false realtà” e troverà più semplice accettare il “cumulo di balle”.

Il nostro è un paese definito moderno e democratico. Ma la domanda è:
è possibile creare una vera democrazia senza capacità di pensare con la propria testa e di capire cosa davvero succede attorno a noi?

Molti studiosi, da tempo, fanno notare che l’ignoranza è la condizione ottimale per far prosperare i sistemi falsamente democratici. Per tenere un popolo sottomesso basta tenerlo nell’ignoranza, perché non c’è libertà senza conoscenza e consapevolezza della realtà.

Chi ignora quello che succede nei settori più importanti della realtà fa parte della “massa” a cui i demagoghi si rivolgono per essere acclamati, ammirati e votati. Quando l’ignoranza è estrema subentra persino un certo livello di passività, che farà ingoiare tutte le boiate delle autorità, magari ragionando su particolari insignificanti, messi in risalto, non a caso, dai mass media.

La Storia d’Italia, si sa, annovera grandi artisti, geni della Scienza e grandi eroi. Ma oggi? Siamo un popolo di rincoglioniti, imbecilli, cortigiani, buffoni e veline?
Sta a noi deciderlo, scegliendo di essere come il sistema ci vuole, oppure di abituarci a fare cose che ci rendono migliori, più consapevoli delle tecniche utilizzate da chi ci vuole ignoranti e rincoglioniti.


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NOTE

1) Tratto da “De la démocratie en Amerique” di Alexis De Tocqueville, 1840.
2) Blandon Brad, “Diciamoci la verità”, Sperling & Kupfer Editori, Milano 1997, p. XXVII.
3) Gruppo Marcuse, "Miseria umana della pubblicità: il nostro stile di vita sta uccidendo il mondo", Eleuthera, Milano 2006, p. 39.
4) Blandon Brad, “Diciamoci la verità”, Sperling & Kupfer Editori, Milano 1997, p. 76.

domenica

CHI HA PAURA DELLE DONNE? - Per una Repubblica di persone

Di Antonella Randazzo




Non ho intenzione di provare che le donne sono discriminate, questo è già ampiamente provato. Basta guardare le statistiche per capirlo: le donne guadagnano meno, svolgono i lavori più umili, quasi mai si trovano nei ruoli più elevati o gratificanti, e nei rari casi in cui ricoprono tali ruoli, di solito sono mogli, figlie o parenti di uomini influenti.
E non è una questione che riguarda soltanto l’Italia. Ad esempio, negli Stati Uniti le donne guadagnano in media il 25% in meno degli uomini. E’ noto il caso di Lilly Ledbetter, che ricevendo una lettera anonima (alla Goodyear dove lavorava come caporeparto era proibito dire quanto si guadagnava) scopre di guadagnare ben il 40% in meno rispetto ai colleghi uomini. La Ledbetter non si rassegna e inizia una lunga e dura battaglia, per il semplice diritto a guadagnare la stessa cifra degli uomini che svolgevano il suo stesso lavoro.

Il sistema in cui viviamo rende assai più arduo il cammino delle donne: esse sono giudicate impietosamente per il loro aspetto fisico, e anche le loro scelte di vita sono sottoposte al vaglio più di quelle maschili.

Negli ultimi anni la situazione discriminante è persino peggiorata, facendo emergere un vero e proprio tentativo di calpestare la dignità delle donne, mostrandole sempre più spesso in ruoli di seduttrici, vallette o veline, che mostrano le forme fisiche e non parlano.
Sembra che il mondo non offra alternative alla donna: o nascondersi dentro un burka oppure mostrarsi seduttiva, scegliendo magari di avere un corpo rifatto, che stimoli le fantasie sessuali maschili.

Perché le donne non reagiscono come dovrebbero ai numerosi tentativi di sottrarre loro dignità e voce?

Molte non reagiscono semplicemente perché hanno altro a cui pensare: dalle statistiche risulta che la donna italiana è fra le donne europee che lavorano di più, considerando il lavoro in casa e fuori casa. Altre si indentificano con le immagini offerte dai media, e si preoccupano del proprio corpo, non credendosi mai abbastanza seduttive, all’altezza degli ideali estetici proposti. Per queste donne ci sono numerosi programmi che parlano di interventi estetici, come se le labbra a canotto o il seno a palla potessero risolvere ogni problema di mancata espressione della propria personalità.

Chi lamenta una situazione discriminante, facendo notare il degrado a cui la donna è sottoposta nei media, appare a molti come una persona strana, che potrebbe essere etichettata come “femminista”. Ma non bisogna militare per forza in qualche “parrocchia” per capire e sostenere che la donna deve essere rispettata nella sua dignità di persona.

Un comico come Beppe Grillo si chiede: “cosa vuol dire, ancora, la parola donna?"
Perché questa domanda non se la pongono le nostre autorità?
Credono forse che la donna reale coincida con quelle immagini artefatte, artificialmente gonfie e innaturali della Tv?

Qualcuno ha cercato di far notare il degrado al nostro presidente della Repubblica. La politica e giornalista Silvia Costa, ha inviato qualche giorno fa una lettera a Napolitano, in cui ha scritto:
“C’e’ un’immagine degradata delle donne e mercificata, con la complicità della quarta carica dello Stato”.

Com’è ormai risaputo, il nostro attuale capo di governo mostra senza alcun ritegno un profondo disprezzo per le donne: anche quando si trova di fronte personalità autorevoli, se si tratta di donne, si sente in dovere di adularle per farle sentire “importanti”, come se avessero bisogno dei suoi complimenti. Quando c’era in ballo la faccenda delicata di Eluana, egli si premurava a far sapere che la sfortunata ragazza aveva ancora le mestruazioni, e dunque poteva procreare, come se dovesse essere trattata da “contenitore del figlio dell’uomo”, definizione di donna che nei tempi antichi dava il filosofo Aristotele.

Il nostro attuale capo di governo si da’ parecchio da fare per mostrare immagini di donne improbabili, misere nel loro parlare affettato, nello sgranare gli occhi per attirare gli sguardi maschili. Sono poste in prima fila donne che non azzeccano un congiuntivo, che esibiscono una voce quasi infantile, che curano l’aspetto fisico ma trascurano l’esigere rispetto, accettando di sottomettersi ad un uomo che non le considera sue pari nella dignità di persona.
Molti notano che le giovani donne-vallette di Berlusconi hanno scelto liberamente di essere tali. Certo, lo hanno fatto. Ma cosa dire del fatto che queste ragazzine sono cresciute vedendo sin da piccole, negli spot pubblicitari e nei programmi Tv, il corpo femminile come oggetto di seduzione e desiderio? In tal modo sono state indotte a ritenere che ciò rappresenti un aspetto fondamentale del sesso femminile, e che i modelli esibiti dalla Tv siano gli unici o i più validi. Di conseguenza, la ragazzina plasma la sua personalità sull’idea di dover essere quanto più possibile seduttiva anche a costo di doversi sottoporre a dolorose operazioni chirurgiche. Persino ragazze ventenni vogliono sottoporsi ad interventi chirurgici, per gonfiare seno o labbra.
Le bambine piccole tendono a volersi sentire grandi e ad imitare i modelli della Tv, diventando piccole lolite seduttive anche a soli sei anni. E il mondo della moda asseconda questa tendenza, lanciando collezioni di abbigliamento per bambine che comprendono capi simili agli abiti da donna, con scollature e trasparenze. Una linea comprendeva persino un reggiseno per bambine piccole!

Si vuol fare in modo che le donne si abituino sin da piccole a preoccuparsi del loro aspetto fisico e di nient’altro.
Qualche anno fa, la giornalista del "Messaggero" Marida Lombardo Pijola ha scoperto una realtà raccapricciante di bambine che "seducono" ballando seminude nelle discoteche. Nel libro "Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa",(1) la giornalista ha riportato le interviste fatte a cinque bambine di undici/tredici anni che "lavorano" nelle discoteche. La sessualizzazione massiccia offerta dai media, che presentano ad ogni ora e occasione (pubblicità varia, cartelloni, immagini stampate sugli autobus, programmi con vallette, ecc.) corpi femminili nudi e seduttivi, fa pensare a queste bambine che sia del tutto normale offrire il proprio corpo a chiunque lo voglia vedere e persino toccare o abusare. Alcune di queste bambine erano indotte anche a trascorrere serate con ragazzi a cui dare "favori sessuali" a pagamento. Tutto questo nasce anche dal desiderio, incoraggiato dai media, di sentirsi "donne" anzitempo, dedicandosi alla seduzione sessuale. Le bambine che facevano le "cubiste" avevano assorbito l'idea che la cosa più importante è avere un corpo bellissimo, e che questo possa dare la possibilità di essere guardate, desiderate e, quindi, di esistere. L'esistenza viene ridotta all'essere visti, all'apparire o all'essere desiderati, in armonia con ciò che la Tv insegna.

Nella società patriarcale le donne sono state descritte nell’immaginario come streghe o fate, oggi sono veline, lolite e pupe, mai persone. C’è l’idea che la donna debba mostrare il suo lato seduttivo, il suo corpo o la sua accondiscendenza nei confronti dell'uomo. Come se essa valesse rispetto a quello che da’ all’uomo, e non avesse un suo valore intrinseco, di persona.

Analizzando a fondo tale situazione, alcuni autori hanno pensato che le donne fanno paura al sistema. In effetti, ci si dovrebbe chiedere: perché nei media la donna non è più mostrata come persona?

In un interessante e intelligente documentario dal titolo “Il corpo delle donne” (vedi video sotto), Lorella Zanardo fa notare: “che le donne, le donne vere, stiano scomparendo dalla tv e che siano state sostituite da una rappresentazione grottesca, volgare e umiliante. La perdita ci è parsa enorme: la cancellazione dell'identità delle donne sta avvenendo sotto lo sguardo di tutti ma senza che vi sia un'adeguata reazione, nemmeno da parte delle donne medesime”.

Le dittature hanno bisogno di tenere le donne sotto controllo, facendole rimanere infantili, dipendenti emotivamente e materialmente dagli uomini, in modo tale da non potersi esprimere liberamente.
Le donne sono temute nei sistemi tirannici perché se lasciate libere di esprimersi sono più propense a desiderare un sistema diverso da quello patriarcale, un sistema che permetta di armonizzare la parte sinistra e la parte destra degli emisferi cerebrali. Ovvero un sistema che possa permettere di far emergere anche quegli aspetti considerati inferiori nel mondo occidentale, come l’intuito, l’empatia, l’altruismo e la solidarietà verso i più deboli.
I regimi temono lo spirito libero delle donne, e oggi, non potendolo più soffocare attraverso l’autoritarismo, lo soffocano stimolando gli aspetti più immediati del femminile, ovvero il bisogno di sedurre, di sentirsi amata perché bella e desiderabile.
Sempre più donne cadono nella trappola di credere che l’aspetto fisico sia così importante da dover soffocare la personalità e i talenti.

Più un sistema è civilmente involuto, più tende a creare divisioni, gravi discriminazioni, al fine di mettere gli uni contro gli altri e di impedire l’esprimersi della personalità umana.
L'ondata di precarizzazione del lavoro e la cosiddetta "globalizzazione" hanno aggravato la situazione femminile, aumentando le diseguaglianze e dunque la discriminazione dei soggetti socialmente più deboli (immigrati, donne, poveri). Come palliativo è stato offerto alla donna il ruolo di seduttrice, prospettandole "carriere" basate sull'avvenenza sessuale, come valletta, velina, ecc.

Un altro fattore che svela la grave discriminazione contro le donne si trova nelle pene spesso irrisorie inflitte agli uomini che hanno picchiato o violentato donne. Talvolta gli stupratori, e persino gli assassini, escono dal carcere dopo pochissimo tempo. L'idea che la donna debba essere tutelata di fronte a possibili ingiustizie, discriminazioni e violenze è recente, risalendo soltanto alla metà dello scorso secolo. Fino ad allora i soggetti più deboli (i minori, gli anziani e le donne) avevano diritti fondamentali limitati, specie in ambito familiare. Ad esempio, l'art. 559 c.p., che riguardava il reato di adulterio, fu abrogato soltanto nel 1968, e fino al 1975 (anno della riforma del diritto di famiglia) la donna non poteva avere la potestà sui figli.

Nel complesso, in Italia come in molti altri paesi, quando le donne mostrano di lottare per i loro diritti si sollevano vespai mediatici allo scopo di screditare le loro istanze e arginare gli effetti di queste lotte, fino a renderle ridicole o obsolete, scoraggiando le nuove generazioni dall'intento di pretendere più di quello che il sistema è disposto a concedere.

La festa dell’8 marzo può apparire come una sorta di beffa: perché ci dovrebbe essere bisogno di “festeggiare” la donna?
Forse l’8 marzo è offerto come “omaggio” alla “fatica” di essere donne, ma credo che molte donne farebbero a meno di questo “omaggio” in cambio di una effettiva parità e del rispetto della loro dignità in ogni circostanza.

Festeggiarla significa anmettere che la donna è discriminata, a tal punto da avere bisogno del contentino della “festa”, come palliativo per dimenticare, almeno per un giorno all’anno, di vivere in un sistema che cerca di tenere sotto controllo gli aspetti più autentici della sua natura, per impedire che possa avere peso su ciò che accade nella realtà politica, economica e sociale.



Di certo una rigida caratterizzazione dei ruoli, tipica delle dittature, è nociva per entrambi i sessi, poiché impedisce la percezione di sé come un "intero", intralciando la capacità di esprimere il proprio vero sé.
Gli squilibri nell’identità di genere possono produrre problemi, che vanno dalla mancata espressione della propria personalità fino al rancore verso l’altro sesso o l’incapacità di creare con l’altro sesso un rapporto armonico e costruttivo.

La discriminazione della donna colpisce e danneggia anche l’uomo. Oggi anche gli uomini sentono il bisogno di ridefinire i ruoli di genere e il concetto sociale di “maschile”. Ad esempio, nel sito www.maschileplurale.it si vuole dibattere sui “modelli di identità sessuale e di costruzione del desiderio prodotti dalla storia e dalla cultura patriarcale, che segnano, abitano e muovono ognuno di noi, per poter fare un'altra esperienza di sè e vivere le relazioni in modo più libero, ricco e intenso”.

Secondo il noto psicoanalista Carl Gustav Jung, si possono considerare il “maschile” e il “femminile” come figure archetipiche da cui è possibile comprendere il conflitto che il femminile vive all'interno della cultura patriarcale.

Per Jung gli esseri umani crescono quando recuperano tutte le parti del loro sé, altrimenti rischiano di proiettare nel partner aspetti non elaborati o negati, rendendo il rapporto distruttivo. Spiega lo psicoanalista junghiano Aldo Carotenuto:

"Le istanze psichiche, che Jung chiama Animus e Anima, rappresentano rispettivamente gli aspetti eterosessuali inconsci della psiche maschile e femminile, aspetti che, proprio per il fatto di essere inconsci, non possono essere sperimentati se non attraverso il riconoscimento delle proiezioni. Ciò significa, ad esempio, che l'uomo può divenire cosciente della propria Anima attraverso il riconoscimento della sua proiezione su una donna reale. Non si tratta di un compito facile dal momento che l'instaurazione di un rapporto con i contenuti inconsci non è un procedimento intellettuale. Si tratta tuttavia di un compito necessario se si vuole assumere nella vita una cosciente posizione interiore che guidi le nostre scelte in conformità alle nostre esigenze più intime e fondanti. Quanto meno l'individuo è evoluto sul piano della coscienza, tanto più la scelta del partner sarà dettata da motivi inconsci che decideranno 'a sua insaputa' l'atteggiamento psicologico ed emotivo che caratterizzerà l'incontro... il faticoso processo di conoscenza di noi stessi e dell'altro (può svelare) fucine di sofferenza che si tramandano di generazione in generazione, sofferenza nascosta, di cui non si può parlare perché non la si sa rendere cosciente, sofferenza vissuta nell'ombra del silenzio... L'Anima femminile dell'uomo e l'Animus maschile della donna giacciono sprofondati nell'inconscio... La donna si rapporta al suo compagno e al maschile in genere come "solo femminile" e parallelamente l'uomo si pone verso la donna come maschile tout court... non si offre alcuno spazio alla relazione individuale... Le tragedie del rapporto nascono proprio in questo modo: escludendo il nostro aspetto controsessuale inconscio... In passato (ma a volte ancora oggi) si arrivava a uccidere l'altro nel tentativo di liberarsi da una dipendenza avvertita come distruttiva".(2)

Secondo Jung ogni donna e ogni uomo posseggono una parte dell’altro sesso: la donna nascosta nella psiche dell’uomo e l’uomo in quella della donna farebbero da ponte verso le zone più profonde dell’inconscio. Nel corso della vita queste parti assumerebbero una funzione di guida nel conoscere se stessi. Gli archetipi maschili e femminili erano per Jung i mattoni costitutivi della psiche. Non bisogna confondere i potenziali femminili e maschili con i corpi e la sessualità maschile o femminile. Si può essere del tutto eterosessuali ma al contempo capaci di integrare gli aspetti maschili e femminili della propria psiche. Le potenzialità femminili comprendono, ad esempio, l’empatia, l’altruismo e l’emotività, mentre quelle maschili sono la determinazione, la forza, il coraggio e la sicurezza in se stessi. Per avere equilibrio, ogni individuo dovrebbe integrare tutte le potenzialità, senza nulla togliere al suo essere uomo o donna, con un determinato corpo e una precisa sessualità.

Oggi sempre più persone comprendono che le immagini femminili distorte offerte dai mass media sono negative per la rappresentazione sociale del femminile, e che si dovrebbe avviare un serio impegno per promuovere il rispetto e la dignità delle donne. Non basta parlare di “pari opportunità”, occorre anche impedire la possibilità di mostrare la donna soltanto come un corpo seduttivo o meno competente dell’uomo, o ad esso subordinata.
Nella cultura occidentale, che orienta sempre più verso uno stile di vita materialistico ed edonistico, il corpo ha assunto un ruolo centrale nel determinare il valore dell’individuo, specie se donna. La seduzione sessuale di un corpo perfetto o esteticamente accattivante è diventata sempre più importante; ad essa si aggiunge il culto dell’eterna giovinezza.

Oggi molte donne sono ossessionate dalla paura di invecchiare o di non essere abbastanza belle, e vengono indotte a vivere una vita meno creativa e autentica rispetto alle loro potenzialità, perdendo tempo ed energie nel copiare i modelli estetici offerti dai mass media e dalla moda. I modelli mediatici e la confusione del loro ruolo nella famiglia, concorrono a fare in modo che anche oggi le donne tendano a vivere al di sotto delle loro capacità professionali e mentali, ponendo dei limiti a ciò che realizzano. Molte donne non si occupano di politica o di economia, non leggono, se non riviste di dubbia qualità, e sono convinte che la comprensione della realtà nei suoi aspetti più profondi non le riguardi, demandando all'uomo tali questioni.
I loro talenti e l'impoverimento mentale a cui possono essere soggette ricadrà sulla qualità sociale del Paese. La scrittrice Gloria Steinem, nei suoi numerosi viaggi, notò che in tutto il mondo le donne di ogni classe sociale tendono a svalutarsi. Ella scrisse: "Era come se lo spirito femminile fosse un giardino di piante cresciute talmente a lungo all'ombra di quelle barriere da portarne impresso il segno anche dopo che alcune di esse erano state rimosse".(3)

Sono quasi sempre le donne a contrarre malattie dell'alimentazione, come l'anoressia e la bulimia. L'anoressia colpisce soprattutto ragazze dai 12 ai 21 anni, che cercano di fare diete dimagranti, per mettersi al pari dei modelli vigenti. Le donne, i vecchi e i bambini risultano essere le vittime più danneggiate dai media, specie della Tv. Osserva la scrittrice Patricia Adkins Chiti:
“L'individuo medio vede tra i 400 e i 600 annunci pubblicitari al giorno: questo significa che quando quella persona avrà sessant'anni ne avrà visti circa 40-50 milioni. Una promozione commerciale su undici contiene un messaggio diretto che riguarda la bellezza, la moda o l'igiene della persona e sempre una promozione su undici riguarda un 'prodotto di prestigio' (dalle automobili ai detergenti liquidi). I media promuovono e riflettono gli standard medi correnti in fatto di forma, misure e bellezza del corpo... Queste "donne da fantascienza" sono abbronzate, perfette, hanno un corpo splendente, e le parti più importanti di quei corpi sono le natiche e i seni. L'esposizione ripetuta agli ideali di femminilità provocante del tipo "bellezza del cinema" o "bambola Barbie" proposti dai media può far sì che donne giovani e meno giovani interiorizzino e facciano propri quegli ideali, che la pubblicità presenta come raggiungibili e reali. Finché le donne saranno poste di fronte alle loro immagini allo specchio esse continueranno a collegare quel che vedono sullo schermo (e nelle riviste) a simboli di prestigio, felicità, amore e successo e finiranno col concepire l'immagine di sé stesse in rapporto a un ideale irreale. Le rappresentazioni delle donne attraverso tutti i media si fondano su questi elementi: bellezza del viso e del corpo, sessualità espressa da questa bellezza, interesse per la dimensione sentimentale rispetto a quella razionale, tendenza a stabilire relazioni anziché a cercare indipendenza e libertà... Non esistono statistiche ufficiali, ma molti chirurghi e titolari di centri di chirurgia estetica, intervistati in un servizio di Five Live (un programma televisivo) hanno dichiarato di constatare un continuo aumento delle ragazze che chiedono interventi che vanno dall'impianto di silicone per ingrandire il seno alla plastica nasale”.(4)

Secondo la scrittrice Colette Dowling, nel contesto in cui viviamo, le donne sono attanagliate da molte paure e insicurezze che potrebbero facilmente superare: "(Le donne hanno) forme di ansia all'idea di esibirsi davanti a un pubblico, ansia a sua volta legata ad altre paure più generali che hanno a che vedere con la sensazione di essere inadeguate e indifese di fronte al mondo; la paura di eventuali reazioni negative da parte di chi non è d'accordo; la paura di essere criticate; la paura di dire di no; la paura di asserire in modo chiaro e diretto i propri bisogni, senza usare vie traverse. Sono timori tipici delle donne, perché fin da bambine ci hanno insegnato a credere che provvedere a noi stesse, affermare noi stesse è poco femminile. Desideriamo - intensamente - riuscire attraenti agli uomini: per nulla minacciose, dolci; 'femminili' appunto. Il che blocca in noi quella gioia e quella produttività che potrebbero invece caratterizzare la nostra vita. Per non parlare del comportamento da oche che riesce a tirarci fuori... C'è una nuova crisi nella femminilità - la situazione conflittuale è legata a una certa confusione tra quel che è 'femminile' e quel che non lo è - e impedisce a molte donne di funzionare serenamente, in modo ben integrato. Per anni la femminilità è stata associata - anzi, identificata - con la dipendenza... Chi vuole incominciare a sentirsi soddisfatta di se stessa deve innanzi tutto avere il coraggio di comprendere che cosa le succede dentro... la prima cosa che le donne devono cercare di capire è fino a che punto la paura governa la loro vita... Paura di essere indipendenti... di essere capaci... di essere incapaci... La paura si è infiltrata a livello così profondo nell'esperienza femminile da essere come una piaga occulta. Si è stratificata nel corso degli anni in virtù del condizionamento sociale ed è tanto più insidiosa in quanto così profondamente radicata nella nostra cultura che nemmeno ci rendiamo conto della sua esistenza... Ci sarà impossibile realizzare dei veri cambiamenti di vita... finché non incominceremo a lavorare sulle ansie... (e) non inizieremo a fare una specie di contro-lavaggio del cervello".(5)

Negli ultimi tempi ci sono stati segnali di “ripresa” delle donne, ovvero diversi tentativi di sensibilizzare sul problema del degrado della figura femminile nei mass media e dell’assenza delle donne nei ruoli di responsabilità.
Ad esempio, esistono siti in cui si dibatte del problema della discriminazione femminile e persone impegnate a difendere i diritti della donna.

Una società che limita lo sviluppo della personalità della donna riducendola ad un corpo seduttivo e facendo in modo che essa abbia una bassa autostima, in modo tale da non incidere sulla realtà, è una società disturbata. Non conviene a nessuno creare una società del genere, soltanto a chi domina senza scrupoli.
Una società davvero democratica, culturalmente e socialmente evoluta, non ha bisogno di denigrare le donne, e non le teme. Tutte le donne dovrebbero riprendere la loro vera personalità, liberandosi dalle imposizioni dovute ad un sistema patriarcale che ha bisogno di tenerle sotto controllo e di farle apparire in modo caricaturale.



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NOTE

1) Lombardo Pijola Marida, “Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa”, Bompiani Editore, Milano 2007.
2) Carotenuto Aldo, “Amare tradire”, Bompiani, Milano 1991, pp. 91-93.
3) Steinem Gloria, “Autostima”, Rizzoli, Milano 1994, p. 9.
4) Adkins Chiti Patricia, “Women and Media in Europe”, http://www.donneinmusica.org/editoriali/Lipstick_ita.pdf.
5) Dowling Colette, “Il complesso di Cenerentola. La segreta paura delle donne di essere indipendenti”, Longanesi & C., Milano 1982, pp. 46-52.

IL CORPO DELLE DONNE 1 DI 3




Lorella Zanardo in questo documentario fa comprendere il livello di degrado dell'immagine femminile raggiunto nei mass media. Si consiglia di vedere tutte le 3 parti del documentario.

lunedì

CAMBIARE

Di Antonella Randazzo




Tutti sanno che avere una giusta informazione è un diritto fondamentale.
Infatti, avere la possibilità di consultare più fonti informative indipendenti dovrebbe servire a formare un’opinione libera, in quanto frutto non di manipolazioni ma di un’indipendente riflessione e autonome considerazioni.

Perché il gruppo egemone teme così tanto il formarsi di una libera opinione, a tal punto da pagare cifre astronomiche per impedirlo?
Il problema fondamentale consiste nella possibilità di cambiamento. Utilizzare le proprie risorse per emettere un giudizio o per valutare fatti e persone, significa anche acquisire fiducia nelle proprie potenzialità, credendo che si possa (o si debba) trovare in se stessi un punto di riferimento, nelle proprie esperienze, nei propri pensieri, o anche nelle proprie intuizioni.
Al contrario, un sistema oppressivo ci vuole completamente dipendenti dall’esterno, inclini a credere a Tizio o a Caio, piuttosto che utilizzare autonomamente le nostre capacità di pensiero.

Perché è ritenuto così pericoloso pensare con la propria testa?
Perché se si crede in se stessi si può cambiare.
La parola “cambiamento” ci piace: la associamo alla freschezza del nuovo. Per questo viene usata o strumentalizzata spesso in politica e nella pubblicità: il prodotto pubblicizzato è sempre “nuovo”, e i candidati politici si propongono come “facce nuove” o dicono di voler cambiare le cose.

Cambiare significa crescere, evolversi, non rimanere in una situazione stagnante ma essere capaci di affrontare paure, insicurezze, vincere blocchi, diventare più liberi.
Quando la vita rimane statica si produce sofferenza, si può andare in depressione o ci accadono cose spiacevoli che potrebbero scrollarci dal torpore, indurci a conoscerci meglio, per capirci di più e modificare quello che produce disagio.

Cambiare però non è semplice. Diventare veramente autonomi può significare affrontare le problematiche più profonde di se stessi, quelle che sono collegate alle emozioni, che a loro volta sono collegate ai vissuti originari della nostra esistenza, quelli di cui non abbiamo ricordo o ne abbiamo un vago ricordo.

Nel profondo di noi stessi cambiare significa ammettere che c’è qualcosa che non va, qualcosa da affrontare.
Ci piace pensare di essere perfetti o quasi, e che quando un rapporto non va significa che c’è qualcosa di sbagliato nell'altro, mai in noi.
Per cambiare, dunque, il primo scoglio da superare è il nostro narcisismo, che ci fa vedere bene i difetti degli altri, ma assai meno bene i nostri.

Pensare di dover cambiare non significa non accettarsi ma, al contrario, significa vedersi come un’energia sempre in movimento, in cammino verso una maggiore realizzazione. Una maggiore capacità di esprimersi e di fare esperienza deriva proprio dal vedersi in una condizione non statica ma dinamica.
Paradossalmente, più ci si accetta e ci si ama e più si è disposti a cambiare.

Perché crescere è così difficile? Tutti vorremmo evitare di ristagnare nelle nostre nevrosi, ma molti di noi lo fanno.
Per crescere bisogna superare paure: paura di non farcela, di scoprire cose spiacevoli o di soffrire.
Il sistema attuale si regge sulla paura, e dunque ha interesse a che le persone rimangano statiche, bloccate nella paura, e che di conseguenza sviluppino nevrosi o altre malattie. In molti modi viene potenziato un eterno infantilismo, che non è avere la purezza e la vitalità di un bimbo, ma avere paura di crescere, di far maturare la propria emotività.

E’ più facile asservire persone attanagliate dalla paura, che non credono in se stesse e che cercano appoggi esterni.

Crescere è difficile perché toccare la vita affettiva ed emotiva provoca un “movimento” che può fare emergere sofferenze, portando a galla contenuti a cui abbiamo associato disagio, rifiuto o dolore.
Crescere significa elaborare e fare esperienza nel rapporto con noi stessi, con la realtà e con gli altri.
Per crescere occorre essere attivi, volerlo. In caso contrario si rimane sempre uguali, e nella mancata elaborazione dell’esperienza si può accumulare rancore, rabbia e frustrazione, che condizioneranno negativamente le esperienze future.
Alcuni, piuttosto che cambiare preferiscono farsi del male, e farne anche agli altri.

Per cambiare bisogna amarsi a tal punto che ci si vuole fare del bene, oltrepassando quelle tragiche ideologie coercitive che ci hanno inculcato sin da piccoli. Ci hanno detto di non valere granché e di essere dunque costretti a seguire autorità a noi esterne, che talvolta hanno confuso in noi l’amore con il pietismo, l’altruismo con l’opportunismo, il legame affettivo con l’aggancio emotivo immaturo.
Come sostiene lo psicoanalista Sturmius Wittschier: “Un essere umano che fa valere i suoi diritti… attribuisce valore a se stesso… si pone come un vaccino contro la costrizione dell’amore verso il prossimo: un vero e proprio amarsi”.
Se non si è capaci di amare se stessi non si può nemmeno essere capaci di amare gli altri, rispettando la loro crescita e sapendo evitare di creare rapporti emotivi non costruttivi.

Crescere esige il provare una certa sofferenza – per il distacco dal vecchio, o per l’elaborazione del vecchio vissuto – non si tratta di sacrifici o sofferenze gratuite, ma di un passaggio che sfocerà nella gioia di essere migliori, di avercela fatta. La vita non deve essere per forza dolore e privazione, come ci insegnano le religioni. Se si utilizzano le risorse interiori per crescere e si fanno esperienze per esprimere le proprie potenzialità non possono mancare momenti di gioia.

La giusta sofferenza è passeggera e ci induce ad essere migliori. Si tratta della sofferenza di vedere aspetti di noi che non ci piacciono, o di accorgerci che il mondo non è come vorremmo. E’ anche la sofferenza, accompagnata da una profonda compassione, dovuta al vivere su un pianeta in cui la maggior parte delle persone vive in miseria o muore di fame. In cui molti vivono in stato di guerra e vedono il proprio paese distrutto e i propri cari morire. Questa sofferenza ci avvicina ai nostri simili, creando una vicinanza fra popoli di cui il mondo di oggi ha tremendamente bisogno.
Essere sensibili alla sofferenza altrui ci rende più disponibili a fare qualcosa, nel nostro piccolo, per rendere la realtà migliore.

La nostra esistenza è un unicum “interno-esterno” e dunque quello che mostriamo all’esterno è quello che emotivamente siamo all’interno, e quello che viviamo dentro di noi può derivare da quello che attingiamo dall’esterno.
Ad esempio, una persona che ha vissuto in un ambiente in cui si provava soggezione verso l’autorità, se non affronta i contenuti relativi a questo modo di essere, sarà restìo ad accettare alcune cose negative legate a personaggi di potere. Per questo motivo potrà diventare servo del potere. Dunque, questa persona sarà incline a credere alla propaganda, anche quando sarà di fronte a prove inoppugnabili che la smentiscono.

Più facciamo maturare la nostra vita emotiva e più probabilità abbiamo di sfuggire al condizionamento del sistema. Più cresciamo interiormente e più diventiamo capaci di capire la realtà e di migliorarla.
Per questo il sistema di potere attuale desidera vederci in balìa delle nostre stesse emozioni negative, stimolando la paura e il senso di insicurezza per indurci alla sottomissione.

Dunque, il nostro livello di crescita emotiva incide notevolmente su ciò che critichiamo, che ignoriamo o che riteniamo importante.
Tutti abbiamo ricevuto condizionamenti al fine di adattarci alla realtà, e uscire da questi condizionamenti vuol dire lavorare sulle nostre emozioni.

Crescere emotivamente significa anche essere capaci di voltare pagina. Cambiare spesso richiede il “perdere”, è un po’ come morire, perché parti di noi se ne vanno, a volte portandosi dietro persone, situazioni o cose.

Essere morbosamente attaccati a persone o cose talvolta significa avere molta paura del cambiamento. Ci sono persone che hanno rapporti sociali non costruttivi, stagnanti, che nascondono un certo livello di sofferenza.
Nessuno deve rimanere per forza emotivamente legato a qualcun altro. Diventare emotivamente maturi significa anche poter sceglie rapporti che migliorano la vita, che sentiamo positivi. Significa non essere schiavi dell’illusione infantile che ci fa credere che bisogna tenere in piedi rapporti anche quando c’è un alto grado di sofferenza o distruttività.

Crescere significa avere il coraggio di allontanarsi da situazioni o da persone che non sono più positive per noi. Il cui rapporto originariamente costruttivo si è esaurito o in cui è l’illusione ad avere la meglio.
L’illusione di credere che le cose debbano rimanere sempre uguali, che tradisce la paura del cambiamento.
Mantenere rapporti stagnanti o addirittura distruttivi significa temere che la perdita di quel rapporto possa riportarci ad una parte di noi che non vogliamo vedere. A volte si razionalizza: si dice che quella persona è “speciale” per noi, o che dopo tanto tempo non è facile interrompere un rapporto. Razionalizzando si vuol continuare a vivere in una situazione non più costruttiva, in cui è ormai alto il livello di incomprensione o di reciproco rigetto. Nel profondo di noi stessi vorremmo rimanere bambini, e come i bambini vivere in una improbabile simbiosi con gli altri. Non vogliamo che nel tempo quel determinato rapporto si dimostri diverso da come lo credevamo, e per questo razionalizziamo, pensando che i legami emotivi debbano per forza restare sempre uguali. Ma quando il legame fra le persone diventa una sorta di “aggancio” emotivo dovuto alla paura di cambiare ci troviamo di fronte ad una situazione che può produrre sofferenza, anche in forma di illusione o idealizzazione. E prima o poi l’illusione è destinata a diventare delusione.



Dunque, cambiare significa crescere, e crescere significa “movimento”, che è il contrario della pigrizia.
Pigrizia a volte è sinonimo di egoismo: razionalizzando crediamo di essere indispensabili all’altro, non vedendo che se offriamo un rapporto di “aggancio emotivo” l’altro rimane incagliato e non si può evolvere come potrebbe se lo lasciassimo andare.
Movimento significa avere rapporti sociali “vivi”, in cui c’è comunicazione emotiva e cognitiva.
Per crescere è necessario rinunciare al narcisismo e al desiderio di simbiosi originari. Essere narcisisti significa anche pensare di non aver bisogno di alcun cambiamento, come se l’esistenza umana dovesse essere statica.

Si tratta di un falso amore per se stessi, che nasconde la paura di essere incapaci di accettarsi a tal punto da viversi in modo dinamico.
Cercare simbiosi significa temere di non essere capaci di stabilire un vero rapporto con l’altro, chiedendo dunque una conferma nell’aggancio emotivo morboso o privo di un vero e proprio dialogo emotivo-affettivo.

Appare romantico pensare che il legame con le persone possa rimanere sempre uguale anche se passano molti anni, come se nulla cambiasse veramente. Le persone che vivono rapporti in modo simbiotico di solito credono di viverli in modo profondo, più degli altri, e che i rapporti debbano rimanere sempre uguali. In realtà esse non hanno ancora affrontato le sofferenze del distacco dall’oggetto affettivo originario, di solito perché hanno vissuto un rapporto col materno eccessivamente frustrante oppure morboso.
Molte di queste persone credono di avere moltissimi rapporti di amicizia, non sapendo distinguere fra la vera amicizia (rara) e i rapporti emotivi “di aggancio” che possono crearsi fra le persone.
L’amicizia vera e propria richiede, oltre al legame affettivo, reciproca conoscenza, reciproco sostegno e un alto livello di comunicazione e comprensione. I legami emotivi, invece, possono stabilirsi anche fra persone assai diverse per età o per caratteristiche di personalità. In questi rapporti potrebbe non crearsi un alto livello di comunicazione e di reciproca comprensione.
Paradossalmente, alcune coppie si sentono legate ma non comunicano, non si comprendono. Possono litigare per motivi sciocchi, e desiderare un partner diverso. Ma in alcuni momenti possono grogiolarsi nell’”unicità” del loro rapporto, scambiando il vecchio desiderio di simbiosi emotiva con un desiderio di vero rapporto. E’ come se confondessero l’illusione con la realtà, e considerassero l’illusione al di sopra della “banale” realtà. Ma se si rimane allo stadio dell’infantile illusione simbiotica e narcisistica non si potrà giungere allo stadio in cui le proprie emozioni saranno scandagliate al fine di renderle più mature, mettendo alla prova anche i nostri rapporti umani.
Molte persone rimangono allo stadio narcisistico e simbiotico ritenendo troppo arduo andare oltre, e razionalizzando la loro scelta. Ma se si rinuncia alla crescita si rinuncia anche ad avere potere sulla propria esistenza, e si diventerà inclini a vedere all’esterno la forza propulsiva degli eventi. Si sarà indotti a credere che l'esistenza possa essere determinata da eventi creati da altri o da forze non controllabili.

Il sistema attuale, anche attraverso le teorie scientifiche, ci inculca l’idea di essere incapaci di autodeterminarci e di essere vittime della realtà esterna, incapaci di vivere liberamente sulla base di ciò che desideriamo. L’idea che l’uomo sia impotente verso la realtà esterna, intesa come destino o come forze a lui superiori, è molto antica, ed è stata riproposta in tempi moderni attraverso diverse filosofie, teorie scientifiche e religioni.
Le religioni ufficiali ci educano ad abbracciare un Dio a noi esterno, che esige sacrificio e obbedienza, e dunque tiene l’uomo sottomesso al suo potere. E’ implicita l’idea di non poter fare ciò che si vuole, di non poter essere liberi, dovendo sottostare ad un’autorità esterna che guiderà verso la “salvezza”.

Secondo molti autori sono le nostre emozioni a creare la realtà.
Negli ultimi anni molti autorevoli studiosi ci dicono che la nostra realtà è nelle nostre stesse mani e credere diversamente significa rinunciare al potere sulla propria esistenza.
Alcuni studiosi, come Joseph Dispenza, Gregg Braden e Nader Butto, sono convinti che quello che esiste e che vediamo, ovvero la materia, è “pensiero condensato”. In altre parole, esisterebbe uno stretto legame fra pensiero e materia, e non sarebbe la materia a determinare il pensiero, ma viceversa. Più alta è la vibrazione della materia e più essa è modificabile dal pensiero.
La realtà sarebbe creata dal pensiero, e dunque cambiando il pensiero può essere cambiata anche la realtà.
Una vibrazione bassa del pensiero umano, dominata, ad esempio, dalla paura e dall’ansia, produce una realtà di problemi materiali e spirituali, mentre una vibrazione alta, in cui domina l’amore, crea una realtà di armonia e di benessere.
La vibrazione più alta è quella dovuta all’energia detta “amore”, ovvero un’energia pura, prodotta dal cuore, che può incidere sulla materia. Le emozioni di paura e di insicurezza sarebbero dovute ad un blocco dell’energia dell’amore.
Ci sarebbe dunque energia bloccata o squilibrata, creata dalle emozioni spiacevoli, che produce malattie o altri problemi, mentre l’energia equilibrata, creata dalle emozioni positive, determinerebbe salute, fiducia e azione efficace.
Dunque, non sarebbe vero quello che la Scienza ufficiale ci induce a credere, ossia che la realtà psicologica o di pensiero non possa creare la realtà esterna e che i singoli esseri umani sarebbero impotenti di fronte agli eventi esterni.

Lo studioso Gregg Braden, durante la conferenza titolata “Matrix divina”, spiega come le emozioni modificano la realtà e come il DNA determina effetti sulla realtà esterna: “E’ la nostra ricerca, è l’atto del cuore e della mente umana che osservano l’universo aspettandosi di vedere qualche cosa, e questo crea qualche cosa che alla fine vedremo. E’ la nostra azione di guardare con l’aspettativa che ci sia qualcosa, è questo l’atto di creazione di per sé stesso… guardare con l’aspettativa che esista qualche cosa, è quello che crea quel qualche cosa che vi aspettate… la… coscienza… crea il nostro universo fisico”.(1)

Secondo Braden, le emozioni umane cambiano il DNA, che a sua volta può cambiare la realtà.
Già Max Planck aveva dichiarato che non esiste il concetto di “materia” tipico della cultura occidentale, poiché la realtà è determinata da un flusso non “corporeo”, ovvero energia che fluisce attraverso la coscienza.
Secondo Plack esiste un campo universale da lui chiamato “Matrix divina”. La Matrice divina, detta anche “Ologramma quantistico” sarebbe un campo che riflette quello che viene creato all’interno. Come in un ologramma, ogni piccola parte rispecchia il tutto.
L’atomo quantistico è costituito da energia, che può essere modificata. Se viene modificato il campo magnetico o il campo elettrico, anche l’atomo viene modificato. L’organo che produce un campo elettrico più forte è il cuore, e dunque sulla base di ciò che il cuore sente, le emozioni e i sentimenti, possono prodursi effetti sul corpo e sulla realtà esterna.

Secondo il neurofisiologo e ricercatore Joseph Dispenza, le emozioni producono “un’impronta chimica” (neuropeptide) prodotta dall’ipotalamo che la trasmette all’ipofisi, che la immette nel gruppo sanguigno, che a sua volta la trasmette alla cellule. Dunque, le emozioni negative, la rabbia, l’avidità o l’invidia, possono favorire le malattie.
Osserva Dispenza:
“Chi guida quando controlliamo, rispondiamo alle emozioni? Fisiologicamente, le cellule nervose si connettono scaricando tra loro. E se si pratica ripetutamente uno stesso pensiero, le cellule nervose stabiliscono tra loro delle solide relazioni a lungo termine. Se ti lamenti quotidianamente, se soffri quotidianamente, dai corpo alla vittimizzazione nella tua vita. I pensieri fissi stabiliscono solide relazioni tra cellule nervose e danno corpo a ciò che viene chiamato ‘identità della persona’. Se interrompiamo consapevolmente certi pensieri consentiamo alle cellule nervose di interrompere le relazioni precedentemente instaurate ed ovviare alla conseguente risposta chimica del corpo. Più rigorosamente lo faremo, più rapida e definitiva sarà la disconnessione. Se proviamo ad interrompere dei processi di pensiero e non badiamo agli stimoli esterni ma soltanto agli effetti che tale pratica produce, potremo essere consapevoli che l’ambiente si adeguerà automaticamente alla nuova realtà… C’è una parte del cervello che si chiama ipotalamo ed è come una piccola fabbrica. E’ un luogo dove vengono assemblate le sostanze chimiche che danno vita alle emozioni che sperimentiamo. Tali sostanze sono delle proteine dette peptidi. Sono piccole sequenze di amminoacidi. Fondamentalmente il corpo è una unità di carbonio che si struttura fisicamente fabbricando 20 diversi amminoacidi. Il corpo produce proteine e l’ipotalamo ne elabora alcune sequenze, chiamate neuropeptidi o neuroormoni, che producono gli stati emozionali. Così ci sono sostanze chimiche per il dispiacere e la tristezza e ci sono sostanze chimiche per la vittimizzazione. Ci sono sostanze chimiche per la lussuria e per ogni altro stato emozionale. Pertanto, se sperimentiamo uno stato emozionale è perché l’ipotalamo ha prodotto i corrispondenti peptidi e li ha liberati nel sangue grazie alla ghiandola pituitaria. Dopo esser stati immessi nel sangue, raggiungono le varie parti del corpo reagendo con le cellule per mezzo dei recettori esterni… Sulla superficie della cellula i recettori sono soggetti alla ricezione di moltissime informazioni”.(2)

Un recettore che contiene un peptide apporta modifiche alla cellula, attivando una serie di processi biochimici che possono cambiare il nucleo stesso della cellula.
La cellula è considerata da molti studiosi come una minuscola unità di coscienza, la più piccola. Noi siamo fatti di emozioni e il nostro organismo è condizionato da esse. Tutte le cellule sono influenzate dai peptidi delle emozioni e se sono alimentate le emozioni negative troppo intense, di disagio, sofferenza o blocco, l’organismo ne può risentire e per reazione può produrre sintomi somatici. La cellula riceve i segnali dal cervello, e se i recettori di emozioni vengono sommersi da intensità troppo elevate a lungo andare possono degradarsi o distruggersi.
Dispenza ritiene che anche la salute fisica dipende da noi stessi, da come gestiamo la vita emotiva:

“Io creo la mia realtà: mi sveglio e creo coscientemente la mia giornata nel modo in cui voglio che accada. Ora, spesso, poiché la mia mente esamina tutte le cose che devo fare, ci vuole un po’ di tempo affinché si rilassi e arrivi al punto dove intenzionalmente io creo la mia giornata. Ma qui è il punto. Quando creo la mia giornata cominciano ad accadere, come dal nulla, piccole cose che sembrano inspiegabili. So che sono la conseguenza del processo o il risultato della mia creazione. Più faccio questo, e più costruisco nel mio cervello una rete neuronale che mi fa accettare che ciò è possibile. Mi dà il potere e l’incentivo di farlo anche il giorno dopo. Dobbiamo formulare ciò che vogliamo, ed esserne talmente centrati, talmente focalizzati, e talmente consapevoli da perdere persino il senso di noi stessi, il senso del tempo, il senso della nostra identità. Nel momento in cui diveniamo così coinvolti nell’esperienza, da perdere il senso di noi stessi e del tempo, questa diventa la sola immagine reale. Chiunque ha avuto l’esperienza di gestire la propria mente per raggiungere ciò che si desidera. Questa è la Fisica Quantistica in azione. Questo è manifestare la realtà… Siamo delle macchine produttrici di realtà. Attiriamo a noi stessi situazioni che appagheranno le voglie biochimiche delle nostre cellule corporee… Noi creiamo continuamente gli effetti della realtà”.(3)

Non si tratterebbe però di un percorso esclusivamente intellettuale. Ad esempio, secondo molti studiosi nel momento della meditazione avvengono importanti processi, che permettono di “percepire” la realtà come un “tutto” e di produrre effetti psico-fisici.
Chi pratica di frequente la meditazione può raggiungere l’obiettivo di avere un controllo cosciente sulle funzioni mentali e sul suo organismo, alzando la qualità della sua vita.

La meditazione non sarebbe una pratica “esoterica” o mistica priva di effetti concreti, al contrario, essa può dare una maggiore consapevolezza di se stessi e della realtà e fa emergere che l’essere umano non è soltanto il suo corpo o la sua mente, ma molto di più.
Negli ultimi decenni anche il settore scientifico ha appuntato l’attenzione proprio sulle pratiche di meditazione. Nel 1976 lo psicologo Daniel Goleman pubblicò i risultati di diverse ricerche sugli effetti benefici della meditazione, e nel 1984 la meditazione fu persino raccomandata dall’Istituto Nazionale della Salute Statunitense come trattamento terapeutico all’ipertensione leggera. Oggi molti specialisti del settore psicologico la consigliano per attenuare l’ansia e per migliorare la salute.
Secondo lo psicoterapeuta Gianpaolo Buzzi la meditazione è molto utile sia per il corpo che per la mente: “La maggior parte delle persone di cui mi occupo come medico agisce inconsapevolmente, senza essere cioè consapevole del pensiero che sta dietro all’azione, con effetti devastanti, che impediscono il rapporto sociale: tuttavia modificando il pensiero si modifica anche il proprio modo di agire… La meditazione mi aiutava nello sport: mi serviva a concentrarmi e ad aumentare la mia energia. In seguito ho studiato le diverse tradizioni spirituali e terapeutiche (come la medicina tradizionale cinese) e l’antropologia, che mi hanno aperto orizzonti diversi, aiutandomi a comprendere il malato e la malattia, che non può essere legata a un concetto univoco… In effetti la condizione normale fisiologica della mente è un fluire ininterrotto dei pensieri, che si susseguono come fotogrammi di un film. Chi invece si aggrappa a un pensiero ansiogeno o depressivo e lo blocca, impedendogli di fluire, di scaricarsi, diventa triste o ansioso… Dopo aver imparato a diventare l’osservatore segreto della propria mente, si inizia a concentrarsi su un’immagine specifica, come un ambiente sereno, che favorisce il rilassamento, o a meditare su un oggetto, come il respiro, un’immagine, un mantra, un simbolo, un’idea). Mentre nella prima fase (quella dell’osservazione dei pensieri) lo stato di coscienza non è molto diverso da quello della veglia, qui è come quello del training autogeno avanzato, l’ipnosi, la trance, in cui compaiono a nel cervello le onde alfa e theta”.(4)

Agli anni Settanta dello scorso secolo risalgono i primi studi scientifici sulle variazioni cerebrali e fisiologiche che si hanno durante la meditazione. Il fisiologo Robert Keith diresse il primo studio presso l’Università della California, a Los Angeles. Egli potè constatare che durante la meditazione si crea uno stato di profondo rilassamento, che attenua stress e ansia. La meditazione diminuisce il consumo di ossigeno e la frequenza cardiaca, e aumenta la resistenza della pelle. Questi risultati furono confermati da centinaia di studi successivi.
Spiega Buzzi:
“Da un punto di vista neurofisiologico, quando si medita c’è prima di tutto un’inversione della dominanza cerebrale. Di solito, in stato di veglia, noi utilizziamo l’emisfero sinistro, legato al pensiero logico, razionale, mentre quando si cambia stato di coscienza (come avviene durante la meditazione, il training autogeno avanzato, il rilassamento profondo, l’ipnosi) lavora quello destro, legato al pensiero irrazionale e all’intuizione. Ma soprattutto cambia il metabolismo cellulare: infatti vi è un minor consumo di ossigeno e di glucosio (e quindi di energia) da parte delle cellule cerebrali. Ancora, vi è una modificazione del sistema neuroendocrino: si abbassa il cortisolo (l’ormone dello stress) e l’adrenalina, anch’essa legata allo stress e aumenta il Dhea, l’ormone che favorisce il benessere. Inoltre nel sistema nervoso autonomo diventa prevalente l’attività parasimpatica. Queste variazioni influiscono determinano sul sistema neuroimmunitario: infatti, anche se i dati sono ancora discordanti, sembra che la meditazione aumenti le difese (i linfociti T-killer). Infine chi medita è meno suscettibiler alle infezioni delle vie respiratorie. Tuttavia dobbiamo prendere atto che siamo solo agli albori di una nuova era: la medicina i sta aprendo a nuovi orizzonti e dobbiamo continuare a studiare ed essere così umili da riconoscere che siamo solo agli albori di una nuova era”.(5)

Possiamo avere diversi stati di coscienza, che ci possono vedere rilassati, lucidi e più o meno coscienti. Ciò dipende dalla frequenza delle onde cerebrali.
Gli scienziati hanno individuato quattro fasce di onde cerebrali, che corrispondono a quattro bande di frequenza, a cui corrispondono diverse attività del cervello:
Le Onde delta sono quelle che producono sonno profondo, hanno una frequenza tra 0,1 e 3 Hz e sono associate al più profondo rilassamento psicofisico. Sono le onde della mente inconscia, del sonno senza sogni, dell'abbandono totale.
Le Onde theta producono sonnolenza e determinano il primo stadio del sonno. La loro frequenza è tra i 3 ed i 7 Hz e sono proprie della mente impegnata in attività di immaginazione, visualizzazione, ispirazione creativa. Producono il sogno ad occhi aperti, la fase REM del sonno (cioè, quando si sogna). Nelle attività di veglia le onde theta possono produrre conoscenza intuitiva e capacità immaginative. Sono dunque fonte di creatività e favoriscono l’apprendimento.
Le Onde alfa danno un rilassamento vigile, hanno una frequenza che varia da 7 a 13 Hz e creano uno stato di coscienza vigile e rilassato. Favoriscono l’introspezione e sono dominanti durante la meditazione.
Le Onde beta sono quelle dello stato di allerta e di concentrazione. Hanno una frequenza che varia da 13 a 30 Hz e sono associate alle normali attività di veglia.

Dunque, il pensiero e le emozioni produrrebbero effetti chimici ed elettromagnetici, che influiscono sulla realtà. Credere di non avere potere sulla realtà significa non averlo. Sarebbe proprio questo stato di impotenza la condizione di esistenza di un potere oppressivo, che si nutre di emozioni negative e produce sofferenza e povertà al solo scopo di continuare a sopravvivere. Per uscire da questo stato di oppressione basterebbe potenziare le “armi” del cuore, ovvero la capacità di credere nelle proprie potenzialità di evoluzione emotiva e cognitiva. Credere di poter cambiare se stessi, e cambiando se stessi cambiare il mondo.


Articoli correlati:
“Infelicità umana e disumanizzazione”
http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/01/infelicit-umana-e-disumanizzazione.html
“Verità e nichilismo”
http://www.disinformazione.it/nichilismo.htm

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NOTE

1) http://www.youtube.com/watch?v=9F0kKzJhoms&feature=related
2) Film documentario “What The Bleep Do We Know?”(Che Caspita Sappiamo Veramente?)
http://www.youtube.com/watch?v=lmQukahk8XM&feature=related
3) Film documentario “What The Bleep Do We Know?”(Che Caspita Sappiamo Veramente?)http://www.youtube.com/watch?v=t9pq5QXASHg&NR=1
4) http://www.karmainstitute.it/04/16/articoli/tecniche-meditative/la-medicina-scopre-la-meditazione/
5) http://www.karmainstitute.it/04/16/articoli/tecniche-meditative/la-medicina-scopre-la-meditazione/


BIBLIOGRAFIA

Braden Gregg, "La guarigione spontanea delle credenze", Macro Edizioni, Cesena 2008.
Braden Gregg, "Il linguaggio della matrix divina. Come funziona e come imparare ad usarlo", Macro Edizioni, Cesena 2007.
Dispenza Joseph, "Evolvi il tuo cervello. Come uscire dal vecchio programma", Macro Edizioni, Cesena 2008.
Pierrakos Eva, "Il sentiero del risveglio interiore", Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1991.
Pierrakos Eva, "Il male e come trasformarlo", Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1992.
Voldben Amadeus, "I prodigi del pensiero positivo", Edizioni Mediterranee, Roma 1992.